Il compito della grafica è
- Informare (ad esempio i segnali stradali).
- Insegnare (ad esempio le istruzioni di montaggio).
- Persuadere con la pubblicità.
- Completare, riempire gli spazi liberi (cornici, linee, ecc.).
- Interpretare un concetto, ad esempio la sicurezza di un pneumatico.
- Identificare, è la cosa più difficile, creare cioè un’immagine che
identifica una marca (ad esempio la mela per la Apple). Può essere intesa in
due sensi:
- ti faccio vedere un marchio e tu capisci di cosa sto parlando oppure
- ti faccio vedere un’immagine e tu ti identifichi.
Da non confondere con l’arte che è comunicazione uno a uno, la grafica invece
è comunicazione uno a molti.
In genere si fa confusione tra branding (marchio), identity
(identità del marchio) e logo. L’identità del marchio (brand identity)
è composta dall’identità grafica (graphic identity) e dal programma di
identità (program identity): la prima è la somma di tutti gli elementi
visuali che identificano il marchio (non solo il logo), mentre il secondo è
l’insieme delle strategie utilizzate per presentare l’identità;
l’identità grafica è fissa, il programma invece di solito ha cicli triennali di
cambiamento, al fine di adattarsi alle esigenze del mercato.
Anche l’approccio dell’utente è ciclico: la prima fase prevede la
consapevolezza, poi la convinzione, segue l’impegno verso il marchio e infine il
suo supporto (il passaparola).
La moderna attività di branding muove i primi passi nel XIX secolo con alcuni
prodotti per la casa. L’obiettivo principale era quello di creare una
reputazione costante per una serie di articoli che acquistava la gente comune,
dato che tali prodotti erano spesso oggetto di sofisticazione. C’era dunque la
necessità di stabilire un rapporto di fiducia con la gente.
Lo schema di comunicazione era: l’azienda pubblicizza e l’utente assimila le
informazioni.
Oggi la tecnologia ed in particolare modo Internet, hanno portato ad una ridefinizione dei canali di
comunicazione del marchio.
La comunicazione con l’utente non è monodirezionale, quest’ultimo è in grado
di interagire con il marchio, fare domande, personalizzazioni, richiedere
supporto tecnico ecc.
La somma di tutti i feedback sono molto preziosi e l’azienda moderna dovrebbe
sempre essere in grado di adattarsi alle necessità della comunità digitale.
Il problema è che anche la comunità comunica autonomamente (social network,
blog, forum, ecc.) e di conseguenza la reputazione di un marchio si può
distruggere rapidamente se non vengono mantenute le promesse.
Il logo è la rappresentazione grafica del marchio, ma l’identità del marchio
non è rappresentata solo da esso, ma da tutta l’immagine coordinata (identità
grafica), che è lo stile visivo, il colore delle buste da lettera, la musica che
si sente mentre si è in attesa al telefono, l’arredamento degli interni, ecc.
L’identità deve essere
- Coerente su tutti i media (è un errore su cui cadono
spesso le aziende stesse).
- Chiara, non ci devono essere ambiguità o possibilità di
errori di identificazione con altre marche.
- Riconoscibile su tutti i media.
- Longeva, cioè il marchio non deve essere legato ad una
moda.
- Pertinente.
- Facile da ricordare.
Il grafico seguente mostra il rapporto “a cipolla” che esiste fra l’identità
grafica ed il marchio in generale.
Gli strati rappresentano i livelli di approccio del marchio verso i clienti,
a partire dal primo che è l’identità grafica; bisogna chiarire però che nessuno
strato è in grado di influenzare né tantomeno migliorare gli strati più interni.
La flessibilità di un logo può portare vita all’identità, al contrario un
logo poco flessibile può limitare l’identità.
La tecnologie sta portando nuove tendenze, invitando ad esempio i clienti a
personalizzare l’identità, ad esempio i filmati “Italia 1!”, magliette con spazi
dedicati ad aggiunte e personalizzazioni, ecc.
L’identità deve adattarsi ai contesti, ci sono luoghi o momenti in cui essere
evidenti e diretti, altri in cui essere morbidi e sottili.
L’identità va costruita tenendo conto della concorrenza: non è necessario
diventare l’antitesi, ma differenziarsi è opportuno. Bisogna tenere conto che la
concorrenza non è necessariamente diretta, ma può venire anche dalle
alternative: se io vendo mele, la concorrenza non arriva solamente dagli altri
venditori di mele, ma da tutto il mercato alimentare.