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La trappola del pay-per-lead nel web marketing

Published on 10/10/2012
Categories: Web Marketing
La trappola del pay-per-lead nel web marketing

Negli ultimi tempi si sente parlare spesso del PPL (pay per lead) o più in generale del PPA (pay per action), come se questa fosse la migliore soluzione per tutti gli inserzionisti Internet.
Il PPA in realtà racchiude molte insidie, non da ultima un forte conflitto di interessi tra l'inserzionista e la web agency, che la maggior parte delle volte porta a campagne pubblicitarie dai risultati molto deludenti.

Procediamo con ordine, chiarendo con un esempio le 3 modalità di pagamento che offrono le web agency.

PPM - Pay Per Thousand

L'inserzionista paga una quota proporzionale al numero di volte che l'annuncio pubblicitario viene visualizzato.
Sarebbe come se un ristoratore pagasse un imbonitore per stare davanti al proprio ristorante a urlare "Venghino signori venghino, qui serviamo ottimi pasti!"
Apparentemente sembrerebbe il metodo contrattuale meno interessante, in realtà è quello perfetto per la brand awareness: si pubblicizza il ristorante a tutti i passanti, sicuramente la maggior parte di essi nel momento che sente l'annuncio non ha fame o ha già pranzato, ma probabilmente molti di essi transiteranno per la stessa strada l'indomani e magari ci faranno un pensierino.
Anche per una campagna di brand awareness sul web, gli annunci PPM sono tendenzialmente più efficienti e costano meno in proporzione alle persone che raggiungono.

PPC - Pay Per Click

L'inserzionista paga una quota proporzionale al numero di volte che il visitatore clicca sull'annuncio.
E' il metodo più utilizzato nelle campagne SEA (Search Engine Advertising), sarebbe come se il nostro imbonitore ricevesse una ricompensa ogni volta che riesce a convincere un passante a dare un occhio al menu.
In questo caso il nostro imbonitore probabilmente non starebbe a tessere le lodi della cucina ai quattro venti, ma tenterebbe di individuare i potenziali interessati lanciando loro dei messaggi ad-hoc: ad esempio vedendo passare una coppia di innamorati potrebbe invogliarli ad una cena a lume di candela o vedendo passare un uomo d'affari frettoloso, potrebbe lodare il servizio celere ed efficiente.
Le campagne di web marketing PPC funzionano alla stessa maniera, normalmente la web agency individua le parole chiave che sono più utilizzate dai differenti target di clienti e costruisce per essi messaggi pubblicitari mirati.

PPA - Pay Per Action

L'inserzionista corrisponde una quota ogni volta che il visitatore dimostra un reale interesse (compilando ad esempio un modulo di contatto) o compra un prodotto: nel primo caso parliamo di PPL (pay per lead), nel secondo di PPS (pay per sale).
E' il metodo più utilizzato nei contratti di affiliazione, ma qualcuno comincia a proporlo per le campagne SEA (Search Engine Advertising): poiché il sito Internet ospitante (Google ad esempio) non offre questa forma di pagamento, tutti i rischi ricadono sulla web agency che dovrà comunque pagare per ogni click, indipendentemente che questi portino o no a quella che in gergo si chiama conversione (la vendita o il modulo di cui sopra).
Non esiste nel mondo reale una formula simile con cui mettere a contratto il nostro imbonitore immaginario, sicché forzeremo un po' la fantasia per continuare ad usare lo stesso esempio: sarebbe come se l'imbonitore per convincere i passanti a dare un occhio al menu, offrisse l'aperitivo di tasca propria e che poi a sua volta ricevesse una ricompensa dal ristoratore solo se coloro a cui ha offerto l'aperitivo si trattenessero per pranzo.

Anche a chi non si intende di web advertising, penso salti subito all'occhio il conflitto di interessi che si instaura tra il ristoratore e l'imbonitore.

Innanzitutto al nostro imbonitore non interesserà minimamente fare brand awareness, perché la pagherebbe di tasca propria senza ricevere nulla in cambio.
Non gli interesserà nemmeno massimizzare le vendite, infatti per non rischiare di perdere denaro, non presterà la minima attenzione agli indecisi. Si comporterà cioè come un antipatico selezionatore, farà entrare solo le persone che gli daranno il massimo affidamento e, paradossalmente, lascerà fuori anche quelli che lo supplicheranno di poter dare un'occhiata al menu per decidere.

E fino a qua siamo stati onesti... se il nostro amico imbonitore si trovasse a perdere soldi nella sua attività, quale sarebbe secondo voi la mossa successiva?
Non potrebbe ad esempio essere tentato di arruolare amici e parenti perché entrino nel locale, magari a consumare solo un bicchiere d'acqua gassata?

Pensateci la prossima volta che qualcuno vi propone la pay-per-action come la panacea di tutti i mali...

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