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Caso di studio: la Collezione dei Libri Magici

Photographer: Igor De Ruitz
Published on 6/6/2012
Categories: Visual Communication
Caso di studio: la Collezione dei Libri Magici

This article is available in English too.

De Stultitia Pinocchii

L’effetto che mi accingo a presentarvi è il punto di congiunzione di due passioni artistiche che ho coltivato per anni, mantenendole volutamente separate, fino a quando non ho ritenuto che fossero entrambe arrivate alla maturità necessaria per beneficiare in ugual modo una dell’altra: mi sto riferendo alla passione per la magia e a quella per il teatro.
Ritengo importante aver atteso il momento giusto prima di cercare il punto di contatto fra i due mondi, poiché nonostante per entrambi si tratti fondamentalmente di esibizioni con l’artista su un palcoscenico e il pubblico seduto in platea, purtroppo non si sa perché la formazione segue due strade completamente diverse. L’attore si esercita per anni nell’interpretazione dei testi, nello studio della voce e della mimica in modo da non lasciare inutilizzata nessuna via comunicativa; questo perché capisce sin da subito che se affidasse solo alla voce il compito di interpretare un testo, si ritroverebbe a declamare e non a recitare. Il pubblico viene catturato utilizzando una macchina ben più complessa: l’attore esplora l’intera sfera emotiva e usa tutto il suo corpo per visualizzare il testo, anche in maniere ben poco usuali... se avete frequentato la scuola di Orazio Costa sapete cosa intendo, vi sarete probabilmente trovati a dover recitare cose strane, tipo una pesca che marcisce o un temporale (c’è gente che finisce in manicomio per molto meno). E non finisce qui, l’attore comprende di essere solo uno degli elementi dello spettacolo, il quale per funzionare ha bisogno di molte figure indispensabili, ad esempio di un drammaturgo, di un regista, di uno scenografo, di un costumista, ecc...

De Stultitia Pinocchii

Mentre l’attore come dicevamo si forma a 360 gradi, il prestigiatore invece fa esattamente il contrario, cioè si concentra esclusivamente e con tutte le proprie energie su un unico aspetto, la tecnica magica. Probabilmente affascinato dallo stupore che prova vedendo giochi di prestigio eseguiti da altri, desidera ardentemente arrivare a conoscere i segreti e la tecnica per riuscire a replicarli. Dopo anni di studio ed applicazione arriva certamente ad eccellere nella tecnica, ma anche a comprendere, spesso troppo tardi, che l’unica emozione che è in grado di donare al proprio pubblico è appunto la sola su cui si è applicato, cioè lo stupore. Arriva ad avere quella che io chiamo “la sindrome del raccontatore di barzellette”, cioè diventa come quelle persone molto abili a raccontare storielle che però sono incapaci di capire quando è il momento di fermarsi, sono molto divertenti per i primi minuti, ma dopo un po’ diventano quasi insopportabili. Il fatto è che la gente, se stimolata emotivamente in modo monotematico, ben presto si assuefa e arriva a trovare noiosa anche una cosa che pochi minuti prima aveva ritenuto eccezionale.
Certamente c’è chi studia maggiormente la psicologia del gioco, ma non è di questo che sto parlando, infatti queste sottigliezze hanno solo il fine di amplificare ulteriormente sempre la stessa cosa, lo stupore.
Può il prestigiatore cambiare evolvendo verso un vera forma di intrattenimento, abbandonando quella che prima è stata solo una forma narcisistica di destrezza? La risposta per fortuna è sì, solo che è necessaria una rieducazione che riparta dalle basi, sacrificio che spesso, dopo un pluriennale apprendistato della tecnica, non si è disposti a fare.
Paradossalmente, ho avuto la fortuna di essere stato educato allo spettacolo da persone che non si sono mai conosciute, da maestri nel campo della magia (che mi bacchettavano se non ero un perfetto manipolatore) e da professionisti del teatro (che espandevano la mia ristretta visione della recitazione), entrambi indispensabili. La routine contenuta in questo libro è il punto di arrivo tanto atteso, il matrimonio dopo un lungo fidanzamento e come tale celebra la nascita di uno stile che poi ho portato avanti negli anni a venire.
Spero di essere di ispirazione agli amici prestigiatori, allo stesso modo in cui altri hanno ispirato me; anche se l’effetto fosse solo quello di incuriosire, questo sarebbe per me gratificante, perché è dai nostri dubbi che possono nascere grandi scoperte.

A chi si stesse domandando cosa centri una routine di micromagia con il teatro, rispondo che anche il vostro tappetino è un palcoscenico, con le stesse regole del fratello maggiore: gli oggetti vanno disposti correttamente in modo che non si impallino a vicenda, i movimenti devono essere chiari e logici, ci deve essere una coerenza drammaturgica nella vostra presentazione ed infine una regia che leghi ad arte tutti gli aspetti. Oserei dire che persino dal punto di vista architettonico il vostro tappetino è come fosse un grande palco, dispone di un fondale e di un proscenio e su di esso lo spettatore sale (mette le mani) solo se è invitato.

La cosa più importante però di tutto questo parlare, l’unica cosa che mi preme vi rimanga nella memoria, è che non sono le vostre mani a recitare ma siete voi con tutto l’ingombro del vostro corpo: non vi limitate a muovere le vostre appendici con grazia e destrezza, usate anche la vostra voce per interpretare, usate tutto il corpo in maniera creativa, il viso, le braccia, le spalle e persino le gambe, anche se sono nascoste dietro al tavolo.Spesso si sente dire alle conferenze magiche “Sii te stesso!”; questa frase è un po’ imprecisa, infatti molti grandi attori nella vita reale sono noiosi o addirittura antipatici, mentre sul palco riscuotono successo interpretando personaggi completamente diversi da come sono loro nella realtà. Il segreto sta nel cercare dentro di noi le emozioni originali, quelle vissute da noi stessi, persino quelle represse dai tempi dell’infanzia dalle inibizioni della vita quotidiana e portarle alla luce nuovamente; permettetemi dunque di correggere il monito di cui sopra con il più appropriato “Sii un personaggio, chiunque tu voglia, ma attraverso te stesso!”, perché, a meno che non siate stati in coma dal momento della vostra venuta al mondo, credetemi, dentro ognuno di noi ci sono i “libri di testo” per diventare un grande attore.

De Stultitia Pinocchii

Pensare ma non toccare!

Dopo anni di studio di questo effetto e dopo innumerevoli richieste da parte di molti amici della magia, mi accingo a spiegare questo gioco che è per me un po’ il cavallo di battaglia dei finali di qualsiasi mia routine micromagica. Il gioco nasce da un’idea di Dai Vernon che consisteva nel far scegliere mentalmente allo spettatore una carta per poi arrivare a capire quale fosse. Del gioco originale è rimasta solo l’idea del montaggio che però comunque avviene con tecniche completamente diverse.

Think but do not touch!

A coloro che diranno che questo è un effetto di mentalismo, rispondo che presentandolo come un’intrigante esperienza con le carte, è un’ottima conclusione di una routine cartomagica. A quelli che diranno che è rischioso, rispondo di non lasciarsi ingannare dalle apparenze, niente è lasciato al caso o alla fortuna; comunque se questo vi fa stare più tranquilli, potete sempre presentarlo come un esperimento, così se qualcosa dovesse andare storto avrete modo di dire che c’è sempre una possibilità di fallimento: in realtà l’unico fattore di rischio è dato dallo spettatore che viene coinvolto, infatti, poiché la carta viene solo pensata, se volesse farvi un dispetto potrebbe alla fine del gioco rovinarvi il finale. In definitiva se siete quel genere di prestigiatore che fa firmare tutte le carte che scelgono gli spettatori, così essi non possono alla fine del gioco rinnegare la loro carta, allora questo gioco non fa per voi. In questo gioco il canale che si stabilisce con lo spettatore è di intima fiducia ed attorno a lui si sviluppa tutta l’incredibile trama dell’effetto.
Infine, a quelli che diranno che questo effetto è difficile da eseguire, io rispondo avete ragione! La difficoltà però non sta nella tecnica (molto poca), sta tutta nella presentazione e questa volta non è una di quelle frasi fatte che si sentono spesso alle conferenze magiche, è assolutamente vero: se siete degli abili comunicatori farete un miracolo, se siete degli eccellenti e muti esecutori probabilmente otterrete di più con una produzione di assi.

Think but do not touch!

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